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Come si formano le cattive abitudini: conoscerle per disattivare il pilota automatico - Dott.ssa Silvia Lorusso - Psicoterapeuta

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Come si formano le cattive abitudini: conoscerle per disattivare il pilota automatico



Le catene delle abitudini sono troppo deboli per essere avvertite finché non diventano troppo forti per essere spezzate.
Samuel Johnson
Attorno agli anni ’90 i ricercatori del MIT (Massachusetts Institute of Technology) hanno scoperto in quale parte del cervello si formano le abitudini e che ogni abitudine è composta da un circolo neurologico di tre fasi.

Le abitudini si formano e risiedono nelle stesse aree del cervello dove vi sono i tessuti che controllano i comportamenti automatici come ad esempio la respirazione o le risposte immediate a stimoli esterni, tra cui le reazioni di paura o di sorpresa.

Secondo le ricerche scientifiche degli ultimi venti o trent’anni, un gruppo di cellule cerebrali, chiamate nuclei della base, svolgerebbero un ruolo essenziale anche nella formazione delle abitudini. Si tratta della parte del cervello più antica e primitiva, in prossimità del tronco encefalico, in corrispondenza della nuca, dove il cervello incontra la colonna vertebrale.
 
A cosa servono le abitudini?
Quando stiamo compiendo una nuova azione, al nostro cervello sarà richiesto uno sforzo maggiore e avremo un dispendio di energia superiore rispetto a quando abbiamo ripetuto la stessa azione più e più volte fino a farla diventare automatica.

Ad esempio quando stiamo imparando a guidare la macchina, oppure se ci troviamo a percorrere una nuova strada, i nostri movimenti saranno molto più lenti, meno sicuri e sciolti e avremmo bisogno di rimanere concentrati per eseguire quell’azione.
 
Con l’aumentare della ripetizione, le aree del cervello deputate nei processi decisionali si spengono gradualmente. Il nostro cervello non dovrà più chiedersi: devo mettere prima la marcia o schiacciare la frizione? …devo svoltare alla prima a sinistra o alla seconda a destra?

Quando non è più necessario prendere decisioni, quelle aree del cervello lasciano spazio solo alle strutture cerebrali coinvolte nella memorizzazione.
 
Con il tempo, continuando ad interiorizzare la stessa azione, anche le aree della memoria si spengono, e non abbiamo più bisogno di pensare mentre agiamo. Le uniche zone che restano attive nel cervello sono i nuclei della base.

Le abitudini, quindi, permettono un enorme risparmio energetico per la nostra mente. L'unico svantaggio è che il nostro cervello non distingue le abitudini nocive dalle abitudini sane, entrambe comportano una gratificazione e dunque vengono ripetute.

Il processo circolare con cui il cervello trasforma una sequenza di azioni in un automatismo è noto come chunking ed è alla base della formazione delle abitudini.
Conoscere questo processo è importante per sapere dove fare leva per il cambiamento.



Le tre fasi della formazione delle abitudini:

1.     Il segnale
Il segnale da il via all’azione automatica ed è il momento in cui la mente decide quale abitudine usare. Può essere un profumo, un pensiero, un suono, la presenza  di determinate persone, un’emozione.
 
In questo momento il cervello, per questioni di sicurezza, non è ancora del tutto nella modalità automatica, bensì resta vigile per selezionare l’abitudine corretta da scegliere dopo il segnale. In altre parole è in cerca di conferme che non si tratti di un falso allarme o di un errore.

2.     La routine
Rappresenta il comportamento automatico ed è il momento in cui il nostro cervello è nella modalità “risparmio energetico”. La routine può essere fisica, emotiva o mentale. Può riguardare una sequenza di pensieri oppure di comportamenti ed azioni.
 
3.     La gratificazione
Questo è il momento in cui il cervello rilascia le sostanze del benessere, una vera e propria droga, un’esplosione di fuochi d’artificio. Tanto più è intensa tanto più forte sarà l’abitudine.
 
Anche qui come nella prima fase il cervello ha un picco massimo di attività che è necessario per verificare se vale davvero la pena memorizzare e rafforzare quella routine.
   
A questo punto, con il rafforzarsi e il ripetersi dell’abitudine il segnale e  la gratificazione si intrecciano a tal punto da creare l’aspettativa della gratificazione che genera il bisogno (craving). E’ in questo esatto momento che nasce l’abitudine.

Questo processo è naturale ed automatico ma non è del tutto inevitabile. Possiamo intervenire attraverso azioni consapevoli nell’annullamento delle abitudini.



Le leve del cambiamento:
In realtà non possiamo estirpare del tutto un’abitudine ma possiamo sostituirla con una più forte.

Per farlo è necessario sapere quando possiamo intervenire per interrompere il processo circolare automatico ed inserire una nuova abitudine. Possiamo fare caso che durante la fase dell’automatismo (fase 2) il cervello abbassa la soglia razionale e va da solo. Questa è il momento più difficile su cui intervenire.

Il momento migliore è quello del segnale. Ma come facciamo a riconoscere i segnali che attivano le nostre abitudini? E’ sufficiente riconoscere il segnale per disattivare l’abitudine? Sicuramente è il primo passo il secondo è rintracciare il bisogno che spinge a compiere le azioni automatiche verso la gratificazione finale.


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Pubblicato da Dott.ssa Silvia Lorusso - 22/11/2015 13:35:00
 
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